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„ Il tempo era splendido, il
cielo completamente azzurro .
Le bellissime cime della
Spitbergen , ricoperte di neve, sfolgoravano al sole „ Umberto Nobile ,generale
comandante del dirigibile Italia, maggio 1926 Baia del Re
Dopo un lungo volo , durato oltre sei ore, mi trovo con
un gruppo di altri medici a Longyearbyen, all’ interno dell’aeroporto più a
Nord del pianeta sull’isola di Spitzbergen, nell’arcipelago delle isole
Svalbard, a oltre mille chilometri
dalle coste settentrionali della Norvegia . E’ il primo maggio 2011, e,
nonostante l’avanzata primavera,
mi pare di aver fatto ritorno nel pieno dell’inverno : cielo nuvoloso,
infatti, e nevischio con temperature invernali mi accolgono sul suolo delle
Svalbard .
Attorno
catene montuose innevate che non superano i mille metri e che sovrastano la
baia dove si trova il villaggio di Longyearbyen.
Sono le 23.30, ma è ancora giorno. In questa stagione,
infatti, nell’Artico il sole non
tramonta mai e mai, quindi, sembra giungere il momento buono per andare a letto .
Tore Dahlberg sta
aspettando il nostro gruppo e, al nostro arrivo, ci accoglie nella sala
d’attesa del piccolo aeroporto . Apparteniamo tutti alla Commissione Medica
della CISA-IKAR , e siamo qui per la consueta riunione primaverile. E’ un
medico norvegese che ha lavorato per oltre dieci anni nel piccolo ospedale di
Longyearbyen e che conosce molto bene il territorio di queste isole.
L’incontro
avrebbe dovuto avvenire nello stesso periodo dello scorso anno, ma, a causa
dell’eruzione del vulcano islandese, è stata rimandata di un anno .
Sull’isola le strade non esistono, salvo che per qualche chilometro attorno a Longyearbyen giusto per
soddisfare le necessità delle
miniere di carbone .
Ci sistemiamo nel piccolo albergo che Tore ha prenotato .
Alle 2 p.m.,
dopo la lunga giornata di viaggio, riesco finalmente a coricarmi . La
luce entra nella stanza attraverso la finestra e mi riesce difficile prendere sonno . Tutto mi
sembra alquanto strano e inusuale.
Fuori a
tratti piove e a tratti nevica .
Mi sveglio alle 7 un po’ stordito per aver, in
effetti, dormito poco , e,
guardando fuori dalla finestra, mi fa quasi impressione vedere il paesaggio
dell’Artico tutto innevato.
E’ in programma una gita di sci-alpinismo a 7 Gruve, cui partecipiamo in
sette: Eveline, Greg, Gunther, iztok, Christian, Iris ed io, località situata a
pochi chilometri da Longyearbyen .Un autobus ci accompagna fino al punto di
partenza della gita nei pressi di una miniera di carbone .
Nevica.
Attorno le vette delle montagne sono avvolte da una fitta nebbia. Incontriamo,
strada facendo , alcuni allevatori di cani da slitta e vediamo i cani legati
alle loro cucce all’interno di appositi recinti . Appesi a pali di legno
penzolano i corpi di alcune foche , che diventeranno cibo per i cani da slitta
. Siamo un piccolo gruppo di scialpinisti ( Eveline, Greg, Gunther, Iztok,
Christian, Iris,ed io ). Ci accompagna una giovane guida norvegese di nome
Victor.
Messi gli sci ai piedi, saliamo lungo pendii nevosi per niente ripidi. La
visibilità è scarsa .Continua a
nevicare fitto, ma, di tanto in tanto, riusciamo a scorgere il fondo della
vallata e le catene di montagne che ci stanno di fronte. Incontriamo le tracce
nella neve di una renna, e di una volpe polare, animali abbastanza comuni da
queste parti . Più in alto noto anche
le peste di una pernice artica ., che chissà forse da poco si è alzata
in volo, spaventata dalla nostra presenza.
Siamo a circa 800 m. sul livello del mare . Victor ha un
paio di sci da fondo escursionistico e fa fatica a muoversi nella neve umida e pesante. Ha con sé una
carabina di calibro7 millimetri per difendersi da eventuali attacchi di orso polare .
La fauna delle Svalbard: una grande risorsa naturale
Nell’arcipelago si trova una popolazione di circa tremila orsi polari. La maggior parte dei qualivive nelle isole a Est. I plantigradi
possono comunque essere avvistati un po’ ovunque , ma soprattutto lungo la
costa, dove è più facile per loro procurarsi il cibo . L’orso polare di solito
non si avvicina a gruppi numerosi
di persone , mentre è possibile che si avvicini a persone sole o poco numerose.
In genere gli animali pericolosi
per l’uomo sono quelli che hanno perduto la madre in quanto, non avendo avuto
modo di imparare a cacciare, sono affamati e, quindi, aggressivi . Alle Svalbard per legge è
obbligatorio muoversi armati di
fucile o di pistola, per proteggersi dalle possibili aggressioni da parte degli
orsi polari .Può essere utile anche l’uso di una pistola lancia-razzi, in caso
ci si trovi in difficoltà e si debba richiedere aiuto.
Victor ci parla degli animali che vivono sulle isole,
delle renne per esempio . Gli abitanti del luogo possono cacciare . Sono animali di taglia più piccola
rispetto a quelle che vengono allevate in Lapponia. Vivono allo stato brado e fanno parte di una popolazione
circa ventimila esemplari. Ogni anno vengono fatti i censimenti sul territori
per stabilire i piani di abbattimento, provvedimento crudele agli occhi degli
ambientalisti, ma necessario per l’equilibrio dell’ambiente . La caccia è
permessa , ma é molto ben regolamentata. In determinati periodi dell’anno gli
abitanti del luogo possono catturare le volpi polari con le trappole e
abbattere le pernici artiche coni il fucile .
Nel 1929
furono introdotti nell’arcipelago 17 esemplari di bue muschiato provenienti
dalla Groenlandia . Oggi, non ne resta più alcun esemplare. L’ultimo bue
muschiato è, infatti, scomparso negli anni ’80 . La scomparsa di questo
ruminante pare dovuta a una
incompatibilità territoriale con
le renne, unita al clima troppo umido e relativamente più mite rispetto alle
altre regioni polari, come per esempio la Groenlandia .
Raggiungiamo
dopo un paio di ore la cima di una montagna sulla quale si trova un cairn,ovvero
un piccolo cumulo di pietre, che in passato un esploratore realizzò per lasciaretestimonianza del suo passaggio un efficace
sistema utilizzato dalle vecchie
spedizioni per lasciare messaggi, specie lungo le coste . I cairn
, detti anche ometti o matte, erano, in passato molto utilizzati specialmente
lungo le coste. Continuando la salita raggiungiamo un colle da cui possiamo vedere dove si trova il
fiordo di Longyearbyen .
Victor ogni tanto segna i waypoint sul suo GPS ,
per non perdersi in caso di nebbia fitta . Ci fermiamo per una breve sosta
utile a mangiare un panino e, poi, una discesa ripida ci fa scendere di circa 500 metri. . Victor fa fatica con
i suoi sci leggeri, mentre Iztok va a cercare, come al solito, i pendii più
ripidi per scendere . Incontro ancora le tracce lasciate sulla superficie
nevosa da una pernice artica, che si è allontanata forse disturbata dal fruscio
degli sci o da chissà che altro .
Nevica
ancora e la nebbia non permette di guardarci intorno.
Scendiamo
ancora, perdendo quota con gli sci. La neve è piuttosto fradicia, ma ,
nonostante ciò, si riesce a sciare bene. In fondo troviamo dei pendii morenici
con sassi instabili che minacciano di cadere. Giunti sul piano, ci
dirigiamo verso il fiordo .
Alcuni gabbiani volteggiano sopra di noi nel cielo incuriositi . Stupisce vedere questi uccelli marini in
montagna . Scatto molte foto, ma l’obiettivo è coperto da fiocchi di neve
che compromettono la qualità delle
immagini . Incontriamo alcune capanne di legno hytten,,
specie di baite in legno costruite per ospitare i cacciatori fin dall’antichità. In una di queste
piccole costruzioni troviamo appese alla parete le corna di una renna, come è usanza.
Dobbiamo percorrere il lungo piano, prima di raggiungere
di nuovo il bus . Incontro cinque renne
intente a mangiare la poca erba secca che spunta dalla neve .
Abbiamo
appuntamento alle 4,30 p.m. al bus che ci riporta al villaggio .
Le isole Svalbard possono essere attraversate con gli sci
d’inverno o a piedi d’estate in circa trenta giorni . Si possono utilizzare le
motoslitte o le pulke, oppure usare le slitte trainate dai cani . L’uso
dell’elicottero è consentito solo per missioni di soccorso e non per
trasportare alpinisti , escursionisti o turisti in genere .
L’isola
che c’é
L’isola di Spitzbergen rappresenta un’area famosa per le
ricerche polari a partire dal 1607, anno in cui vi giunsero i primissimi
esploratori Barents e Hudson . Si
dice che ogni anno , specie d’estate , un migliaio di ricercatori viva a Spitzbergen per effettuare studi
scientifici di varia natura. Una curiosità è rappresentata dal “ Global Seed
Vault “ , una specie di arca surgelata
nel permafrost ai piedi del Monte Paltafjell , a un chilometro all’aeroporto di Longyearbyen. Al suo
interno sono conservati a 18 gradi
sotto zero 650mila campioni di
semi di quattromila specie di piante provenienti da duecentoventisette paesi
del mondo pnienti da tutto il mondo, dove ,alla temperatura costante di 18 °C
sottozero, sono conservati seicentocinquantamila campioni di semi di
quattromila specie di piante provenienti da 227 paesi del mondo. Lo scopo è
quello di salvaguardare la
biodiversità delle piante , il
deposito è stato inaugurato il 26 febbraio 2008 .
La sera del giorno successivo, dopo cena si sale su Sugar
Peak, che, pur non essendo una montagna
molto alta che sovrasta il villaggio. La serata è magnifica, con il sole
che non tramonta mai. Fa abbastanza freddo . Salgo a piedi in compagnia di
John, Mario e Harris lungo la spalla della montagna che ha una pendenza di
circa 45 gradi. La vetta della montagna è quasi piatta e un cairn
indica il punto più alto . In prossimità della cima incontriamo una donna norvegese che
risiede a Longyearbyen e passeggia per godersi il sole di mezzanotte .
Vediamo molte pernici artiche che vivono in questi luoghi.
I maschi sono in amore: una tempesta ormonale li spinge all’accoppiamento e
rende le loro piume lucide e attraenti. Tengono lo coda a ventaglio e hanno gli
occhi sormontati dalle caruncole
che sono sopracciglia, rese ipetrofiche dall’approssimarsi delle nozze.
Rincorrono le femmine, che si lasciano corteggiare, compiendo di tanto in tanto
dei balzi sul terreno innevato, che lasciano tracce della loro presenza. La pernice artica è l’unico uccello che vive in queste isole anche
d’inverno in condizioni davvero estreme . Proseguiamo lungo una cresta che ci
porta sulla vetta di un’altra montagna.
Nel frattempo Iztok , Gunther e Christian ci raggiungono in un amen con gli sci .
Scatto alcune
foto, ma faccio fatica a tenere
nelle mani la macchina fotografica
a causa del freddo intenso . Anche John si diletta a fotografare con la sua preziosa
Leyca, un oggetto inusuale in un luogo così selvaggio. E’ incredibile potersi
muovere nel cuore della notte come se ci si trovasse in pieno giorno. Avverto
una sensazione che sulle mie
montagne non riesco a provare. Sono tutt’uno con l’infinito , parte integrante
della natura. Verso le 11.30 p.m.
rientriamo in quella specie di albergo dove alloggiamo.
Hermann,Giacomo, Eveline e Greg ancora con gli sci ai piedi
hanno raggiunto il fondo valle per
vederli rientrare intorno alle due a.m. .
Di
uccelli marini, di renne e di neve
Il 5 maggio, dopo le riunioni della Commissione Medica
della CISA-IKAR,, è in programma un’altra gita sci-alpinistica. Compagni di
gita Iztok, Christian e Eveline . Non essendo interessati a intraprendere un
lungo tragitto pianeggiante per raggiungere la montagna, decidiamo di farci
accompagnare per qualche chilometro da un taxi. La giornata è fredda e chiara.
Lasciata l’auto che ci ha trasportato fino a dove lo consentano le possibilità
meccaniche, mettiamo gli sci ai piedi e incominciamo a salire . Appena imboccata una valletta
che gira verso destra, veniamo attirati dalle grida di stormi di uccelli marini
che si rifugiano sulle falesie rocciose che ci sovrastano. E’ uno spettacolo
incredibile . Gli uccelli volteggiano in continuazione nel cielo azzurro e,
poi, si vanno a posare sulle rocce. Più saliamo più ci avviciniamo arrivando a averli a pochi metri. Impossibile non fermarsi
a fotografarli e per ammirare le evoluzioni che compiono nel cielo con i
loro voli rapidi, lanciando richiami acuti.
Di tanto in tanto compare anche qualche fringuello alpino che si va a
posare sulle rocce . Sulla neve scorgo le tracce di un orso polare che è da
poco passato da queste parti,forse in cerca di cibo o chissà. Non è
raro,infatti, imbattersi in un orso in queste regioni dell’Artico, talvolta
anche lontano dalla costa dove per lui è più facile trovare cibo.
Raggiungiamo
un colle che porta a un pianoro, da cui
si possono vedere il mare
e alcune catene montuose.
Siamo ai piedi di un piccolo ghiacciaio, uno tra i tanti cosiddetti
icecap, in una zona di morene, montagnole di sassi e ghiaia create nei
secoli dal lento passaggio del ghiaccio. Fa molto freddo e tira un vento forte. Saliamo ancora fino a un colle da cui parte la cresta finale
della montagna dove siamo diretti . Christian decide di fermarsi, mentre io e
Iztok proseguiamo nonostante la bufera . Eveline segue un po’ più distaccata .
Nel frattempo il cielo si è coperto di nubi scure. La neve ai nostri piedi è
molto dura e, a tratti, incontriamo lastre di ghiaccio . Dopo la cresta
sbuchiamo su di un lungo pianoro che ci porta in breve alla cima , dove si
trova una stazione meteorologica con alcune antenne. Fa un freddo terribile e
anche Iztok, forte alpinista sloveno himalayano, è intirizzito .
Breve sosta sulla cima e qualche
rapida foto, mentre Eveline ci raggiunge, allungando il passo . Ho con
me il fucile che dobbiamo avere al seguito, secondo la legge delle Svalbard,
potrebbe tornare utile per difendersi da un eventuale, improvviso attacco da
parte degli orsi polari.
Hermann,
Greg e Giacomo stanno salendo
dietro di noi. Iniziamo la discesa tra le raffiche di vento gelido, il blizzard
che fa calare la temperatura in modo significativo, determinando il cosiddetto wind
chill factor . Più si procede verso il basso, più la temperatura si alza. La neve è ottima, farinosa, e ci
permette di godere la discesa. Si
scia lungo il versante orientale della montagna . Iztok preferisce affrontare i pendii più ripidi, come è
sua abitudine. Adora, infatti, le difficoltà e no esita a cercarsele. Il rischio, sia pure
calcolato, lo attira.
Ci fermiamo in un punto riparato per mangiare finalmente
un panino, poi, facciamo di nuovo ritorno al villaggio. Incontro tre renne che
pascolano su un prato spazzato dal vento e quindi senza neve. La fredda
primavera artica sta per incominciare, ma per questi ruminanti trovare un po’
di cibo è ancora difficile.
Alle 4.30
p.m. siamo in albergo, la nostra base .
All’orizzonte il profilo di una montagna sulla cui cima, nel
1996, si è schiantato un Tupolev russo con a bordo oltre cento passeggeri, per
la maggior parte minatori, tutti morti nell’impatto contro la montagna.
Il giorno dopo nevica fitto, ed è questo il ricordo più
vivido che porto con me delle Svalbard .
L’ora di riprendere la via di casa è scoccata.
Un tragico incidente
Tre mesi dopo il nostro viaggio,il 5 agosto 2011, una
spedizione scientifica britannica è stata attaccata di notte da un orso bianco sull’isola di Spitzbergen a circa
40 chilometri da Longyaerbyen. Uno dei membri della spedizione di 17 anni è
stato ucciso , mentre quattro altri individui sono stati feriti dal
plantigrado. L’orso , un maschio 250 Kg.
è stato abbattuto con un colpo di carabina. Il governatore delle
Svalbard ha aperto un’inchiesta. I
quattro feriti sono stati trasportati all’ospedale di Tromso. Ma di loro in
Italia non si sono più avute notizie.
Inquadramento
geografico
Le
Isole Svalbard sono un gruppo di isole polari che si trovano tra i 74° e gli
81° di Lat. Nord e tra i 10 ° ed i 35 ° di Long. Est. Spitzbergen è l’isola più
grande dell’arcipelago, e l’unica
che ha centri abitati sul suo
territorio . L’intera superficie delle isole è pari a quella del territorio
dell’Italia Settentrionale .Il nome Svalbard significa “ coste fredde “ , mentre la parola
Spitzbergen vuol dire “ costa aguzza “ . Tra il Capo Sud ( Sorkap ) e l’estremo
Nord dell’isola c’è una distanza di 637 chilometri. Oltre all’isola di
Spitzbergen vi sono la Terra del Nord-Est ( Nordaustlandet ) , l’isola di
Edgeoya e l’isola Barentsoya nonché moltissime altre piccole isole . Le vette
più alte sono quelle del Newtontoppen ( 1717 metri ) e del Perriertoppen (1712 metri) (. La media delle
temperature è, d’inverno, -15 gradi ( febbraio-marzo ), mentre d’estate è di +2
gradi ( luglio )
Un po’ di storia
Si dice che i primi abitanti delle Svalbard siano stati i
Pomori a partire dal 1500 , famosi navigatori di origine siberiana. Taluni
ipotizzano che i primissimi siano stati un gruppo di navigatori islandesi nel
1094 . Nell’anno 1596 l’olandese Willem Barents, alla ricerca del mitico
passaggio a Nord-Ovest, ovvero di
una rotta più corta per raggiungere le Indie, approda sull’isola
Bjornaja . A partire da quei tempi le
“acque pullulanti di cetacei come la carpe di un laghetto “ ( Hudson )
hanno attirato centinaia di balenieri, molti dei quali provenienti dai Paesi
Bassi, per lo più galeotti. La maggior parte moriva più comunemente di
scorbuto, per naufragio o per
assideramento. Colonie di balenieri si sono installate alle Svalbard e si
calcola che ogni estate venissero uccise circa duemila balene . A partire dal
1720 , per oltre due secoli, ebbe inizio l’epoca dei trapper russi che si
dedicarono alla caccia degli orsi polari, delle foche, dei trichechi, delle
belughe , delle balene franche, delle renne e delle volpi polari , raccogliendo pure le uova ed il
piumino della grossa anatra
chiamata edredone. Si dice che
alcuni trapper uccidessero in un inverno dai 7000 agli 8000 trichechi . Alla
fine del 1700 giunsero nelle isole i cacciatori norvegesi di foche. Nell’
Ottocento ebbero inizio le prime spedizioni scientifiche , e cominciò lo
sfruttamento dei giacimenti di
carbone . Lonyearbyen è stata costruita nel 1906 dall’americano John Munroe
Longyear, imprenditore minerario della “ Arctic Coal Company”, lungo il
torrente che scende dal Nordenskjoldfjellet. L’abitato originale è stato
distrutto nel corso della Seconda Guerra Mondiale dall’esercito tedesco.
Le spedizioni polari furono tante e, tra queste, le più
popolari furono, forse, quella con
il dirigibile Norge, nel 1926, di
Umberto Nobile e di Roald Amundsen
e la tragica spedizione del dirigibile Italia nel 1928 . Le due imprese
ebbero come base il villaggio di Ny Alesund situato nella suggestiva Baia del Re nell’isola di Spitzbergen , che guarda
le cime delle Tre Corone . Il 12
maggio 1926 venne effettuata la
storica trasvolata del Polo Nord con il dirigibile NI-Norge . Ricorre
quest’anno 2011 il
centocinquantesimo anniversario, ovvero il Giubileo , delle prime esplorazioni polari che hanno visto quali
protagonisti Roald Amundsen e Fridtjof Nansen . Il 14 agosto 1925
è stato siglato il trattato delle Svalbard, in seguito al quale le isole
sono state riconosciute ufficialmente territorio norvegese e gran parte del
territorio è divenuto protetto .
“ A blue world
Full of frozen hopes
A turning point
Before delicate rose beams
Creep gently across the sky
God once said
Let there light
It must have been
February
In Svalbard “