domenica 4 novembre 2012

SPITZBERGEN 2011



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„ Il tempo era splendido, il cielo completamente azzurro .
Le bellissime cime della Spitbergen , ricoperte di neve, sfolgoravano al sole „ Umberto Nobile ,generale comandante del dirigibile Italia, maggio 1926 Baia del Re

Dopo un lungo volo , durato oltre sei ore, mi trovo con un gruppo di altri medici a Longyearbyen, all’ interno dell’aeroporto più a Nord del pianeta sull’isola di Spitzbergen, nell’arcipelago delle isole Svalbard,  a oltre mille chilometri dalle coste settentrionali della Norvegia . E’ il primo maggio 2011, e, nonostante l’avanzata primavera,  mi pare di aver fatto ritorno nel pieno dell’inverno : cielo nuvoloso, infatti, e nevischio con temperature invernali mi accolgono sul suolo delle Svalbard .
 Attorno catene montuose innevate che non superano i mille metri e che sovrastano la baia dove si trova il villaggio di Longyearbyen.
Sono le 23.30, ma è ancora giorno. In questa stagione, infatti, nell’Artico  il sole non tramonta mai e mai, quindi, sembra giungere il momento buono per andare  a letto .
Tore Dahlberg sta  aspettando il nostro gruppo e, al nostro arrivo, ci accoglie nella sala d’attesa del piccolo aeroporto . Apparteniamo tutti alla Commissione Medica della CISA-IKAR , e siamo qui per la consueta riunione primaverile. E’ un medico norvegese che ha lavorato per oltre dieci anni nel piccolo ospedale di Longyearbyen e che conosce molto bene il territorio di queste  isole.
 L’incontro avrebbe dovuto avvenire nello stesso periodo dello scorso anno, ma, a causa dell’eruzione del vulcano islandese, è stata rimandata di un anno .
Sull’isola le strade non esistono, salvo  che per qualche chilometro  attorno a Longyearbyen giusto per soddisfare  le necessità delle miniere di carbone .
Ci sistemiamo nel piccolo albergo che Tore  ha prenotato .
Alle 2 p.m.,  dopo la lunga giornata di viaggio, riesco finalmente a coricarmi . La luce entra nella stanza attraverso la finestra e mi riesce  difficile prendere sonno . Tutto mi sembra alquanto strano e inusuale.
 Fuori a tratti piove e a tratti nevica .
Mi sveglio alle 7 un po’ stordito per aver, in effetti,  dormito poco , e, guardando fuori dalla finestra, mi fa quasi impressione vedere il paesaggio dell’Artico tutto innevato.
E’ in programma una gita di sci-alpinismo  a 7 Gruve, cui partecipiamo in sette: Eveline, Greg, Gunther, iztok, Christian, Iris ed io, località situata a pochi chilometri da Longyearbyen .Un autobus ci accompagna fino al punto di partenza della gita nei pressi di una miniera di carbone .
 Nevica. Attorno le vette delle montagne sono avvolte da una fitta nebbia. Incontriamo, strada facendo , alcuni allevatori di cani da slitta e vediamo i cani legati alle loro cucce all’interno di appositi recinti . Appesi a pali di legno penzolano i corpi di alcune foche , che diventeranno cibo per i cani da slitta . Siamo un piccolo gruppo di scialpinisti ( Eveline, Greg, Gunther, Iztok, Christian, Iris,ed io ). Ci accompagna una giovane guida norvegese di nome Victor.
Messi gli sci ai piedi, saliamo lungo  pendii nevosi per niente ripidi. La visibilità è scarsa .Continua a  nevicare fitto, ma, di tanto in tanto, riusciamo a scorgere il fondo della vallata e le catene di montagne che ci stanno di fronte. Incontriamo le tracce nella neve di una renna, e di una volpe polare, animali abbastanza comuni da queste parti . Più in alto noto anche  le peste di una pernice artica ., che chissà forse da poco si è alzata in volo, spaventata dalla nostra presenza.
Siamo a circa 800 m. sul livello del mare . Victor ha un paio di sci da fondo escursionistico e fa fatica  a muoversi nella neve umida e pesante. Ha con sé una carabina di calibro7 millimetri per difendersi da eventuali attacchi   di orso polare .

La fauna delle Svalbard: una grande risorsa naturale


Nell’arcipelago si trova  una popolazione di circa tremila orsi polari.  La maggior parte dei qualivive  nelle isole a Est. I plantigradi possono comunque essere avvistati un po’ ovunque , ma soprattutto lungo la costa, dove è più facile per loro procurarsi il cibo . L’orso polare di solito non  si avvicina a gruppi numerosi di persone , mentre è possibile che si avvicini a persone sole o poco numerose. In genere  gli animali pericolosi per l’uomo sono quelli che hanno perduto la madre in quanto, non avendo avuto modo di imparare a cacciare, sono affamati e, quindi, aggressivi  . Alle Svalbard per legge è obbligatorio muoversi  armati di fucile o di pistola, per proteggersi dalle possibili aggressioni da parte degli orsi polari .Può essere utile anche l’uso di una pistola lancia-razzi, in caso ci si trovi in difficoltà e si debba richiedere aiuto.
Victor ci parla degli animali che vivono sulle isole, delle renne per esempio . Gli abitanti del luogo possono cacciare .  Sono animali di taglia più piccola rispetto a quelle che vengono allevate in Lapponia.  Vivono allo stato brado e fanno parte di una popolazione circa ventimila esemplari. Ogni anno vengono fatti i censimenti sul territori per stabilire i piani di abbattimento, provvedimento crudele agli occhi degli ambientalisti, ma necessario per l’equilibrio dell’ambiente . La caccia è permessa , ma é molto ben regolamentata. In determinati periodi dell’anno gli abitanti del luogo possono catturare le volpi polari con le trappole e abbattere le pernici artiche coni il fucile .
 Nel 1929 furono introdotti nell’arcipelago 17 esemplari di bue muschiato provenienti dalla Groenlandia . Oggi, non ne resta più alcun esemplare. L’ultimo bue muschiato è, infatti, scomparso negli anni ’80 . La scomparsa di questo ruminante  pare dovuta a una incompatibilità territoriale  con le renne, unita al clima troppo umido e relativamente più mite rispetto alle altre regioni polari, come per esempio la Groenlandia .
 Raggiungiamo dopo un paio di ore la cima di una montagna sulla quale si trova un cairn,ovvero un piccolo cumulo di pietre, che in passato  un esploratore realizzò  per lasciaretestimonianza del suo passaggio un efficace sistema utilizzato dalle vecchie  spedizioni per lasciare messaggi, specie lungo le coste . I cairn , detti anche ometti o matte, erano, in passato molto utilizzati specialmente lungo le coste. Continuando la salita raggiungiamo un colle  da cui possiamo vedere dove si trova il fiordo di Longyearbyen .
Victor ogni tanto segna i waypoint sul suo GPS , per non perdersi in caso di nebbia fitta . Ci fermiamo per una breve sosta utile a mangiare un panino e, poi, una discesa ripida ci fa scendere di  circa 500 metri. . Victor fa fatica con i suoi sci leggeri, mentre Iztok va a cercare, come al solito, i pendii più ripidi per scendere . Incontro ancora le tracce lasciate sulla superficie nevosa da una pernice artica, che si è allontanata forse disturbata dal fruscio degli sci o da chissà che altro .
 Nevica ancora e la nebbia non permette di guardarci intorno.
 Scendiamo ancora, perdendo quota con gli sci. La neve è piuttosto fradicia, ma , nonostante ciò, si riesce a sciare bene. In fondo troviamo dei pendii morenici con sassi instabili che minacciano di cadere. Giunti sul piano, ci dirigiamo  verso il fiordo .
Alcuni gabbiani volteggiano sopra di noi nel cielo  incuriositi . Stupisce  vedere questi uccelli marini in montagna . Scatto molte foto, ma l’obiettivo è coperto da fiocchi di neve che  compromettono la qualità delle immagini . Incontriamo alcune capanne di legno  hytten,,  specie di baite in legno costruite per ospitare  i cacciatori fin  dall’antichità. In una di queste piccole costruzioni troviamo appese alla parete le corna  di una renna, come è usanza.
Dobbiamo percorrere il lungo piano, prima di raggiungere di nuovo il bus . Incontro cinque renne  intente a mangiare la poca erba secca che spunta dalla neve .
  Abbiamo appuntamento alle 4,30 p.m. al bus che ci riporta  al villaggio .
Le isole Svalbard possono essere attraversate con gli sci d’inverno o a piedi d’estate in circa trenta giorni . Si possono utilizzare le motoslitte o le pulke, oppure usare le slitte trainate dai cani . L’uso dell’elicottero è consentito solo per missioni di soccorso e non per trasportare alpinisti , escursionisti o turisti in genere .

L’isola che c’é

L’isola di Spitzbergen rappresenta un’area famosa per le ricerche polari a partire dal 1607, anno in cui vi giunsero i primissimi esploratori  Barents e Hudson . Si dice che ogni anno , specie d’estate , un migliaio di ricercatori viva  a Spitzbergen per effettuare studi scientifici di varia natura. Una curiosità è rappresentata dal “ Global Seed Vault “ , una specie di arca surgelata  nel permafrost ai piedi del Monte Paltafjell ,  a un chilometro all’aeroporto di Longyearbyen. Al suo interno sono conservati  a 18 gradi sotto zero  650mila campioni di semi di quattromila specie di piante provenienti da duecentoventisette paesi del mondo pnienti da tutto il mondo, dove ,alla temperatura costante di 18 °C sottozero, sono conservati seicentocinquantamila campioni di semi di quattromila specie di piante provenienti da 227 paesi del mondo. Lo scopo è quello  di salvaguardare la biodiversità  delle piante , il deposito è stato inaugurato il 26 febbraio 2008  .
La sera del giorno successivo, dopo cena si sale su Sugar Peak, che, pur non essendo una montagna  molto alta che sovrasta il villaggio. La serata è magnifica, con il sole che non tramonta mai. Fa abbastanza freddo . Salgo a piedi in compagnia di John, Mario e Harris lungo la spalla della montagna che ha una pendenza di circa 45 gradi. La vetta della montagna è quasi piatta  e un  cairn  indica il punto più alto . In prossimità della cima  incontriamo una donna norvegese che risiede a Longyearbyen e passeggia per godersi il sole di mezzanotte .
Vediamo molte pernici artiche che vivono in questi luoghi. I maschi sono in amore: una tempesta ormonale li spinge all’accoppiamento e rende le loro piume lucide e attraenti. Tengono lo coda a ventaglio e hanno gli occhi sormontati dalle  caruncole che sono sopracciglia, rese ipetrofiche dall’approssimarsi delle nozze. Rincorrono le femmine, che si lasciano corteggiare, compiendo di tanto in tanto dei balzi sul terreno innevato, che lasciano tracce della loro presenza.  La pernice artica è l’unico  uccello che vive in queste isole anche d’inverno in condizioni davvero estreme . Proseguiamo lungo una cresta che ci porta sulla vetta di un’altra montagna.
Nel frattempo Iztok , Gunther e  Christian ci raggiungono in un amen con gli sci .
 Scatto alcune foto, ma faccio fatica  a tenere nelle mani la macchina fotografica  a causa del freddo intenso . Anche John si diletta  a fotografare con la sua preziosa Leyca, un oggetto inusuale in un luogo così selvaggio. E’ incredibile potersi muovere nel cuore della notte come se ci si trovasse in pieno giorno. Avverto una  sensazione che sulle mie montagne non riesco a provare. Sono tutt’uno con l’infinito , parte integrante della natura. Verso le 11.30 p.m.  rientriamo in quella specie di albergo dove alloggiamo.
 Hermann,Giacomo, Eveline e Greg ancora con gli sci ai piedi hanno raggiunto il fondo valle  per vederli rientrare intorno alle due a.m. .

Di uccelli marini, di renne e di neve

Il 5 maggio, dopo le riunioni della Commissione Medica della CISA-IKAR,, è in programma un’altra gita sci-alpinistica. Compagni di gita Iztok, Christian e Eveline . Non essendo interessati a intraprendere un lungo tragitto pianeggiante per raggiungere la montagna, decidiamo di farci accompagnare per qualche chilometro da un taxi. La giornata è fredda e chiara. Lasciata l’auto che ci ha trasportato fino a dove lo consentano le possibilità meccaniche, mettiamo gli sci ai piedi e incominciamo a  salire . Appena imboccata una valletta che gira verso destra, veniamo attirati dalle grida di stormi di uccelli marini che si rifugiano sulle falesie rocciose che ci sovrastano. E’ uno spettacolo incredibile . Gli uccelli volteggiano in continuazione nel cielo azzurro e, poi, si vanno a posare sulle rocce. Più saliamo  più ci avviciniamo arrivando a averli  a pochi metri. Impossibile non fermarsi a fotografarli e per ammirare le evoluzioni che compiono nel cielo con i loro  voli rapidi,  lanciando  richiami acuti.  Di tanto in tanto compare anche qualche fringuello alpino che si va a posare sulle rocce . Sulla neve scorgo le tracce di un orso polare che è da poco passato da queste parti,forse in cerca di cibo o chissà. Non è raro,infatti, imbattersi in un orso in queste regioni dell’Artico, talvolta anche lontano dalla costa dove per lui è più facile trovare cibo.
 Raggiungiamo un colle che porta a un pianoro, da cui  si possono vedere il mare   e alcune catene montuose.  Siamo ai piedi di un piccolo ghiacciaio, uno tra i tanti cosiddetti icecap, in una zona di morene, montagnole di sassi e ghiaia create nei secoli dal lento passaggio del ghiaccio. Fa molto freddo e tira un  vento forte.  Saliamo ancora fino a un colle da cui parte la cresta finale della montagna dove siamo diretti . Christian decide di fermarsi, mentre io e Iztok proseguiamo nonostante la bufera . Eveline segue un po’ più distaccata . Nel frattempo il cielo si è coperto di nubi scure. La neve ai nostri piedi è molto dura e, a tratti, incontriamo lastre di ghiaccio . Dopo la cresta sbuchiamo su di un lungo pianoro che ci porta in breve alla cima , dove si trova una stazione meteorologica con alcune antenne. Fa un freddo terribile e anche Iztok, forte alpinista sloveno himalayano, è  intirizzito  . Breve sosta sulla cima e qualche  rapida foto, mentre Eveline ci raggiunge, allungando il passo . Ho con me il fucile che dobbiamo avere al seguito, secondo la legge delle Svalbard, potrebbe tornare utile per difendersi da un eventuale, improvviso attacco da parte degli orsi polari.
 Hermann, Greg e  Giacomo stanno salendo dietro di noi. Iniziamo la discesa tra le raffiche di vento gelido, il blizzard che fa calare la temperatura in modo significativo, determinando il cosiddetto wind chill factor . Più si procede verso il basso,  più la temperatura si alza.  La neve è ottima, farinosa, e ci permette di godere la discesa.  Si scia lungo il versante orientale della montagna . Iztok preferisce  affrontare i pendii più ripidi, come è sua abitudine. Adora, infatti, le difficoltà e no esita  a cercarsele. Il rischio, sia pure calcolato, lo attira.
Ci fermiamo in un punto riparato per mangiare finalmente un panino, poi, facciamo di nuovo ritorno al villaggio. Incontro tre renne che pascolano su un prato spazzato dal vento e quindi senza neve. La fredda primavera artica sta per incominciare, ma per questi ruminanti trovare un po’ di cibo è ancora difficile.
 Alle 4.30 p.m. siamo in albergo, la nostra base .
 All’orizzonte il profilo di una montagna sulla cui cima, nel 1996, si è schiantato un Tupolev russo con a bordo oltre cento passeggeri, per la maggior parte minatori, tutti morti nell’impatto contro la montagna.
Il giorno dopo nevica fitto, ed è questo il ricordo più vivido che porto con me delle Svalbard .
L’ora di riprendere la via di casa è scoccata.


Un tragico incidente


Tre mesi dopo il nostro viaggio,il 5 agosto 2011, una spedizione scientifica britannica è stata attaccata  di notte da un orso bianco sull’isola di Spitzbergen a circa 40 chilometri da Longyaerbyen. Uno dei membri della spedizione di 17 anni è stato ucciso , mentre quattro altri individui sono stati feriti dal plantigrado. L’orso , un maschio 250 Kg.  è stato abbattuto con un colpo di carabina. Il governatore delle Svalbard ha  aperto un’inchiesta. I quattro feriti sono stati trasportati all’ospedale di Tromso. Ma di loro in Italia non si sono più avute notizie.





Inquadramento geografico

         Le Isole Svalbard sono un gruppo di isole polari che si trovano tra i 74° e gli 81° di Lat. Nord e tra i 10 ° ed i 35 ° di Long. Est. Spitzbergen è l’isola più grande dell’arcipelago,  e l’unica che ha  centri abitati sul suo territorio . L’intera superficie delle isole è pari a quella del territorio dell’Italia Settentrionale .Il nome Svalbard   significa “ coste fredde “ , mentre la parola Spitzbergen vuol dire “ costa aguzza “ . Tra il Capo Sud ( Sorkap ) e l’estremo Nord dell’isola c’è una distanza di 637 chilometri. Oltre all’isola di Spitzbergen vi sono la Terra del Nord-Est ( Nordaustlandet ) , l’isola di Edgeoya e l’isola Barentsoya nonché moltissime altre piccole isole . Le vette più alte sono quelle del Newtontoppen ( 1717 metri ) e del Perriertoppen  (1712 metri) (. La media delle temperature è, d’inverno, -15 gradi ( febbraio-marzo ), mentre d’estate è di +2 gradi ( luglio )


Un po’ di storia

Si dice che i primi abitanti delle Svalbard siano stati i Pomori a partire dal 1500 , famosi navigatori di origine siberiana. Taluni ipotizzano che i primissimi siano stati un gruppo di navigatori islandesi nel 1094 . Nell’anno 1596 l’olandese Willem Barents, alla ricerca del mitico passaggio a Nord-Ovest, ovvero di  una rotta più corta per raggiungere le Indie, approda sull’isola Bjornaja . A partire da quei tempi le  “acque pullulanti di cetacei come la carpe di un laghetto “ ( Hudson ) hanno attirato centinaia di balenieri, molti dei quali provenienti dai Paesi Bassi, per lo più galeotti. La maggior parte moriva più comunemente di scorbuto,  per naufragio o per assideramento. Colonie di balenieri si sono installate alle Svalbard e si calcola che ogni estate venissero uccise circa duemila balene . A partire dal 1720 , per oltre due secoli, ebbe inizio l’epoca dei trapper russi che si dedicarono alla caccia degli orsi polari, delle foche, dei trichechi, delle belughe , delle balene franche, delle renne  e delle volpi polari , raccogliendo pure le uova ed il piumino  della grossa anatra chiamata  edredone. Si dice che alcuni trapper uccidessero in un inverno dai 7000 agli 8000 trichechi . Alla fine del 1700 giunsero nelle isole i cacciatori norvegesi di foche. Nell’ Ottocento ebbero inizio le prime spedizioni scientifiche , e cominciò lo sfruttamento  dei giacimenti di carbone . Lonyearbyen è stata costruita nel 1906 dall’americano John Munroe Longyear, imprenditore minerario della “ Arctic Coal Company”, lungo il torrente che scende dal Nordenskjoldfjellet. L’abitato originale è stato distrutto nel corso della Seconda Guerra Mondiale dall’esercito tedesco.
Le spedizioni polari furono tante e, tra queste, le più popolari furono, forse,  quella con il dirigibile Norge, nel 1926,  di Umberto Nobile e di Roald Amundsen  e la tragica spedizione del dirigibile Italia nel 1928 . Le due imprese ebbero come base il villaggio di Ny Alesund situato nella  suggestiva Baia del Re  nell’isola di Spitzbergen , che guarda le cime delle Tre Corone .  Il 12 maggio 1926 venne effettuata la  storica trasvolata del Polo Nord con il dirigibile NI-Norge . Ricorre quest’anno 2011  il centocinquantesimo anniversario, ovvero il Giubileo ,  delle prime esplorazioni polari che hanno visto quali protagonisti Roald Amundsen e Fridtjof Nansen .  Il 14 agosto 1925  è stato siglato il trattato delle Svalbard, in seguito al quale le isole sono state riconosciute ufficialmente territorio norvegese e gran parte del territorio è divenuto protetto .




“ A blue world
Full of frozen hopes
A turning point
Before delicate rose beams
Creep gently across the sky

God once said
Let there light
It must have been
February
In Svalbard “